Una collezione di staffe unica al mondo


Articolo pubblicato sulla rivista HP 17 | Giugno 2014,
testo e foto by prof. Francesco Michele Conterno.

Le staffe ritrovate
by prof. Francesco Michele Conterno

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Parte 1 Origine, Vantaggi e Diffusione della staffa

Parte 2 Tipologia

Parte 3 Materiali e Lavorazioni

Parte 4 Schede tecniche

Parte 5 Indice Analitico Note e Conclusioni 

Parte 6 Bibliografia


PARTE 1
ORIGINE, VANTAGGI E DIFFUSIONE DELLA STAFFA

- ORIGINE -

Perché le staffe ritrovate? Perché se ne è perduta l’origine nella notte dei tempi.
L’invenzione delle staffe è stata attribuita ai più svariati popoli. In realtà era stata adottata da diversi geniali cavalieri che ne avevano apprezzato gli enormi vantaggi. Altre invenzioni sono arrivate ad una maturazione tale da facilitarne la rapida diffusione. Ci sono delle scoperte o delle invenzioni in cima ad una scala di evoluzione tecnica, quasi obbligate. Quando Gutemberg inventa la “stampa”, in realtà inventa la composizione dei caratteri mobili, dietro al quale ci stavano studiando in parecchi e, una volta capito l’inghippo, si diffuse rapidamente.
Tuttavia dobbiamo dare un merito a colui che la adottò per primo in seno al suo esercito, a Carlo Magno, in modo diffuso ed articolato, anche se non documentato; magari, un giorno, scavando sui campi di battaglia se ne troveranno le prove. Si tenga conto che il ferro sepolto raramente non si ossida e si dissolve nel terreno, a meno che non abbia subito un processo di ribattitura, tale da farlo diventare simile all’acciaio e quindi più resistente agli agenti esterni avendo un basso contenuto di Carbonio.
Attila (406-453 d.C.) si accorge, nelle guerre di conquista, che alcune tribù i cui cavalli erano muniti di staffe, arrivavano prima delle altre, più fresche e già pronte al saccheggio; causandogli oltrettutto qualche inconveniente per la sorpresa mancata.
Dopo la sconfitta di Châlons-sur-Marne (452 d.C.), riorganizza la cavalleria e, studia la staffa, ma essa viene da più lontano!
Alcune tribù mongole le usavano dal 300 d.C. in poi. Gli Unni, come popolo, sono antichissimi, e fanno “razza”, come gli Hittiti, gli Iraniani ed i Cinesi; con loro compartivano la terra già prima dell’anno 2000 a.C.
Non è affatto un mistero da dove vengano, e dove spariscano in alcuni periodi della storia! Spariscono se ne tornano a casa, o vengono assorbiti nei luoghi dove si sono spostati, come i turchi ottomani, e vengono tutti dalla regione delle steppe dell’Asia centrale a nord della Cina.
I cinesi, che già prima del 2000  ne soffrivano la scomoda vicinanza, ne parlano in continuazione e costruiscono la Muraglia cinese che separa la regione di Pechino dal Nord, dalle terre inospitali e fredde della Mongolia. La più grande costruzione della storia, è proprio la Muraglia costruita in centinaia di anni con sacrifici inumani contro i Mongoli!
Il successo degli Unni (come i Tartari, i Mongoli ed altri popoli cugini) è dovuto all’asprezza della terra di origine; che peraltro occupano ancora loro stessi, come altri popoli possono fare.
Quando la storia li fa “sparire” è perché sono spariti dalle loro terre che hanno conquistato, come successe in Pannonia, non da quella di origine, da dove regolarmente partono per le loro scorribande.
Quando sembra che non facciano nulla sono sparpagliati, rimasti in pochi, su enormi territori inospitali che li costringe ad una vita dura e selettiva e che solo loro riescono ad abitare grazie ai costumi ed alle tradizioni millenarie; hanno imparato a sopravvivere.
Quando le condizioni climatiche favoriscono i pascoli il cavallo inizia a star bene, sta bene la moglie, stanno bene i figli, e sta bene anche il Mongolo che si moltiplica e si fortifica; magari con lotte intestine e, se trova dei varchi dove emigrare... lo fa da sempre!!
In patria non hanno lasciato nulla, perché si spostano sempre e non sono assediabili; è stata la loro debolezza e la loro salvezza.
Hanno avuto tre periodi di fulgore, il primo a metà del V secolo, quello di Attila, per intenderci, quello di Ghengis-Khan del XIII secolo ed infine quello di Tamerlano del secolo successivo.
Agli inizi del 300 d.C. iniziarono, causa un innalzamento delle temperature medie che ne migliorò le condizioni di vita, a spostarsi a Est, dapprima evitando la muraglia cinese, verso la Manciuria e verso la Korea.
Poi sfondarono la muraglia, che è costata ai cinesi enormi sforzi, frantumando l’impero cinese in sedici stati (304) ed infine, alla fine del secolo, nel 375 d.C., si avventurarono verso ovest dove si scontrarono principalmente con gli Ostro-Goti del nord e con i Sassanidi (Persiani) al sud.
Alcune tribù si trasferirono in Pannonia (l’attuale Ungheria) e lì ritrovarono le stesse condizioni di partenza, radure e pascoli abbondanti per i cavalli.
Il successo militare di questo periodo potrebbe essere anche dato dal fatto che alcuni usavano la staffa come ritrovato bellico.
Diffusero quindi l’uso della staffa in Cina ed in Korea,  poi nel Nord Europa e nel Medio Oriente, quasi simultaneamente e velocemente.
I “Sarmati“ che sconfiggono i Romani di Occidente con l’adozione della cavalleria pesante armata di “cotte” a maglia di ferro e lance pesanti, forse già usavano le staffe di ferro con totale protezione anche del cavallo necessariamente catafrattato a guisa di carro armato antelitteram.

- VANTAGGI -

Galeno e Ippocrate parlano di infermità che affliggono le gambe dei cavalieri che erano costretti a cavalcare con le gambe a penzoloni.
Senza staffe il cavaliere antico, come si può vedere raffigurato sulle statue romane, era piegato all’indietro e le gambe semi stese penzolavano in avanti. Anche la cavalcatura evidentemente ne soffre... alle reni. Arriva la staffa ed il cavaliere può equilibrare meglio il suo peso spostandolo in avanti, verso il garrese.
A volte ai cavalieri neofiti, ed anche a quelli incalliti, viene fatto fare un esercizio terribile... dieci minutini di andatura senza staffe... sono dolori!
Con la staffa cambia completamente il modo di cavalcare, cambia il cavallo stesso, la sella, il morso: è così rivoluzionaria che farà fare all’equitazione un balzo in avanti pari a quello dell’adozione del filetto ed, in campo militare, ancora maggiore.
Se si vuole tirare con l’arco a cavallo, come facevano così bene gli Unni bisogna avere punti fissi e non seguire l’andamento del cavallo al galoppo. Con le staffe infilate, lasciando la cavalcatura sciolta e stando ritti, con le gambe quasi tese, ci si porta ad una distanza costante dal terreno e di conseguenza anche l’arco teso, ma dotati di gambe normali.
Il barbaro armonizzava il movimento del cavallo, manteneva fissa la punta della sua freccia sul bersaglio... e, poteva magari ruotare in tutte le direzioni, ma... solo con l’ausilio della staffa; si va via lisci, provare per credere!
Altro grosso vantaggio è dato dalla resistenza ottenuta dal cavaliere; coprendo enormi distanze sorprendeva il nemico. Magari riusciva anche a dormire, a cavallo, con l’ausilio di un bastone fatto a forcella rovesciata e legato sull’arcione.
Nelle steppe non ci sono ostacoli ed il cavallo puntato in una direzione va da solo; l’unico ostacolo può essere costituito semmai dai fiumi e, quando andava proprio male, faceva un risveglio improvviso nell’acqua gelata.
Oltre all’arco anche l’uso della lancia viene facilitato... si può puntare e spingere con forza, si può portare scudo pesante e armatura.
La staffa protegge il piede dal freddo se ben imbottita e rinforzata, come facevano i postiglioni che dovendo cavalcare il primo cavallo delle diligenze potevano congelarsi i piedi dal freddo. Chi cavalca non muove tanto i piedi e le punte sono strette nello stivale... meglio mettere una misura in più ed un bel paio di calzettoni, oppure una staffa imbottita.
Nel Medioevo la staffa fatta a “gabbia” proteggeva la punta dai colpi di arma bianca. Pare che Ezzelino da Romano non le portasse e un fante riuscì ad infilargli una lancia nel piede e a disarcionarlo. Catturato, il feroce tiranno morì a Soncino nelle segrete del castello, per quella ferita che nessuno volle curare.
Altro grande vantaggio è dato dalla facilità della salita a cavallo che è già più alto del cavaliere e spesso tende a sottrarsi alla monta ruotando su sé stesso.
In guerra la salita a cavallo è un momento molto pericoloso, molto più della discesa; è un momento delicato ove il cavaliere senza staffa si aggrappa alla sella e deve fare una mezza acrobazia se non ha un piedistallo.
Con la staffa, magari allungata apposta, infila il piede sinistro nella staffa sinistra, e tenendo le redini con la mano sinistra può montare aiutandosi con la destra.
Ai Cinesi non parve vero poter risolvere questo problema perché  avevano, come tutti i popoli opulenti, selezionato cavalli sempre più grandi e forti. L’abbondanza dei raccolti consentiva di mantenere cavalli sempre più grandi e quindi aumentare i “mezzi bellici”. I Cinesi potevano permettersi cavalli grandi, da pianura oltre che da guerra! Ma anche per il trasporto il cavallo grande è un vantaggio e la staffa ne agevola la monta.
Per riassumere i vantaggi la staffa permette maggior equilibrio, maggior resistenza, sia per il cavaliere che per il cavallo, facilita l’uso delle armi (arco, lancia, spada e corazza), agevola la salita, protegge dai colpi di freddo, d’arma e...dai pali.
Viene infine usata come attrezzo di lavoro dagli allevatori della Colombia per chiudere e aprire le porte dei recinti, dove devono spostare il bestiame, senza scendere da cavallo. 

- DIFFUSIONE -

Era sconosciuta ai Romani Occidentali semplicemente perché non amavano la cavalleria come non  amavano la Marina ( e non vi fecero tanti sforzi !.)
Non la adottarono dopo le sconfitte subite dagli Unni perché, ormai in piena decadenza, non erano più in grado di imparare dalle sconfitte, come fanno i popoli in espansione.
Neanche i Germani le avevano perché le avrebbero “girate” alla cavalleria di Roma che usava i popoli nordici proprio per sopperire alle loro carenze ippiche.
Queste le debolezze! Ma la forza civile dei Romani stava nella scoperta dell’arco a volta e, quella militare, nell’utero delle donne italiche; Annibale se ne rese conto. Ogni volta vinceva una battaglia Roma con quattro centurioni superstiti rimetteva in piedi le legioni che erano, si badi bene, di fanteria.
Per formare un fante ci vuole poco, basta la mamma che lo mette al mondo, un po’ di farro, miele, scudo, lancia pesante e corazza. In breve tempo il centurione superstite si moltiplica, si clona. Annibale non distrusse Roma, non solo perché temeva di disperdere le forze in un’impresa rischiosa, ma perché, lì, davanti a lui semindifesa c’era solo una città e distruggerla sarebbe stato meglio per il suo nemico che traeva forza nelle opulente campagne dell’assolata Italia. Annibale l’aveva capito, altri no!
Anche Attila l’aveva capito, ma il fato volle che quando era a due passi dalla città imperiale, ove, bambino, fu ostaggio, prigioniero del corrotto e odiato nemico, non volle rischiare, non tanto le ire di Dio nella veste di papa Leone, ma le ira della piccola zanzara anofele, dilagata a Roma, peggio di un barbaro invasore. La malaria impazzava a Roma ed Attila voleva combattere non la città, ma i latini corrotti e debosciati che erano ovunque. Il rischio era troppo grande, la malaria, per un cavaliere, non si combatte, meglio tornare nelle praterie, a nord ed affrontare uomini di valore, eroici ed incorruttibili, come il generale Ezio, ricordato malvolentieri dalla storia romana, perché era tutto il contrario di quel corpo ammalato che stava cercando inutilmente di curare.
Dell’impero in disfacimento molte civiltà evolute, stranamente, pur sviluppando il filetto e le armi in genere non inventano le staffe.
Gli Etruschi, per esempio, adottano un morso multiplo a paletta in fusione di bronzo, molto complicato.... magari le staffe erano di ferraccio e si sono perse arrugginendo sotto terra.
Anche per gli Egizi, è strano che non l’abbiano inventata; così come per altri popoli che hanno segnato un’evoluzione quasi obbligata su certe linee di sviluppo comuni al sistema: “uomo, astri, stagioni, raccolti, piramide,  sacerdote, re, Dio, uomo...”.
I kmer non l’hanno inventata e il cavallo lo sapevano ben usare, come gli Hindù!
Per gli Americani è un’altra storia perché il cavallo era estinto durante le civiltà Inca e Azteca. Fu reintrodotto involontariamente dai conquistatori spagnoli. Il Pellerossa era abilissimo cavaliere perché faceva acrobazie sul cavallo; oltretutto per lui era una scoperta recente. Conosceva la copertina, il filetto semplice, niente staffe e niente ferri!
Il Pellerossa era destinato a perdere, quando arriva la cavalleria americana, se il terreno non era regolare il cavallo si azzoppava. Faceva comunque miracoli di acrobazie forse per quel po' di sangue mongolo che gli scorre nelle vene. L’America venne colonizzata dai popoli del Nord Asia che seguendo le prede attraversavano  a piedi lo stretto prosciugato dalle glaciazioni.
Gli Unni quando si spostarono verso sud-ovest incapparono in popolazioni seminomadi e bellicose, come gli Avari, i Sarmati, i Germani, i Goti, con i quali si confrontarono con successo. Finalmente, dopo aver consolidato le loro basi in Ungheria, si apprestarono ad invadere Roma, vecchio pallino di Attila, che non tollerava le tre armi che usavano i romani: corruzione, astuzia e ipocrisia,... ciò che li univa tutti era la violenza.
L’adozione della staffa fu per gli Unni come ingranare la quinta marcia, ma il loro destino storico era di vincere le battaglie (tranne Chalons) e non la guerra. Non avevano la prolificità indispensabile per un ricambio stabile e per sostituirsi ai popoli sottomessi.
Questi tipi di conquistatori si mescolano ai vinti e, lontani dalla patria di origine perdono le tradizioni, in pochissime generazioni.
I  popoli germanici  adottarono la staffa, dopo aver subito in casa loro le umilianti sconfitte dagli Unni e la diffusero nel bacino del Mediterraneo, con la caduta dell’Impero Romano.
I Bizantini ce ne hanno lasciato il primo documento scritto (602 d.C.) sotto l’imperatore Maurizio.
Anche Franchi e Vichinghi ne hanno lasciate alcune assai significative.
I Carolingi l’hanno considerata importantissima, tanto è vero che Carlo Magno tra l’altro, si fece seppellire con una staffa da cavallo. La cavalleria franca, con le staffe, consentì di battere nemici potenti come i mussulmani a Ovest ed i Longobardi ad Est.
Gli Indiani erano molto vicini all’adozione della staffa e, di sicuro, usavano un anello per l’alluce che serviva come “riposo”.
I Giapponesi la “reinventarono”, dando ad essa una forma stravagante, a gancio, così lontana, come tecnica d’uso e di funzione da tutte le altre che è quasi certamente autoctona. Chi “vede” la staffa ad “anello” con il piede passante, la adotta immediatamente, e non gli vengono in mente altre diavolerie.
I Cinesi ne hanno fatto subito tesoro dopo che i popoli delle steppe scorrazzavano per fare bottino coprendo distanze inimmaginabili.
Oggi la staffa dei Mongoli, con quella dei Tibetani che ne adottarono per intero l’armamentario, appare tecnicamente molto progredita e quelle antiche di qualche centinaio di anni sono sorprendentemente moderne, efficaci, eleganti e forti.
Possiamo in conclusione dare il merito dell'invenzione della staffa di metallo nella Scythia meridionale, regione compresa trà il Dnepr ed il Don dagli Sciti, Sarmati, o Avari, le cui splendide staffe si trovano non a caso nella limitrofa Pannonia, oggi Ungheria nel museo della storia naturale a Budapest.


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